Accordo Ue-Vietnam: entrata in vigore

Nella giornata di ieri, 30 giugno 2020, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea l’Informativa relativa all’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e la Repubblica socialista del Vietnam: la data prevista è il 01 agosto 2020.

Per maggiori informazioni sul contenuto dell’accordo e sulla prova di origine richiesta, si rinvia all’articolo Accordo UE-Vietnam e prova di origine.

Accordo UE-Vietnam e prova di origine

Lo scorso 8 giugno l’Assemblea Nazionale vietnamita ha ratificato l’EVFTA – EU Vietnam Free Trade Agreement – già precedentemente approvato da Parlamento Europeo e dal Consiglio. Tale accordo è stato poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea lo scorso 12 giugno, mentre non è ancora stata ufficializzata la data precisa di entrata in vigore (si presume, comunque, entro l’estate).

Si tratta di una intesa che porterà ad un progressivo abbattimento dei dazi sugli scambi tra le parti, fino ad un 99% nell’arco di una decina di anni. Tra i prodotti europei che ne beneficeranno maggiormente troviamo macchinari, automobili e prodotti chimici.

Condizione essenziale affinchè i beni di ciascuna parte possano beneficiare delle agevolazioni tariffarie è che acquisiscano l’origine preferenziale, rispettando le regole contenute nell’Allegato II del Protocollo 1 dell’accordo EVFTA. Sarà inoltre necessario, come precisato nell’art. 15 del Protocollo 1, disporre di una adeguata prova di origine. A questo proposito l’UE ha notificato al Vietnam che, per quanto concerne le esportazioni in Vietnam di prodotti originari UE, la prova dell’origine preferenziale potrà essere costituita da:

– una dichiarazione su fattura (o altro documento commerciale) compilata da qualsiasi esportatore, per spedizione di valore non superiore a 6.000 €

– una dichiarazione su fattura (o altro documento commerciale) compilata da un esportatore registrato al sistema REX per spedizioni di valore superiore a 6.000 €

Non sarà quindi possibile ricorrere ai certificati di circolazione Eur 1 o allo status di esportatore autorizzato, perciò si raccomanda agli esportatori unionali che intendano beneficiare delle agevolazioni tariffarie all’entrata in vigore dell’accordo, di procedere quanto prima alla registrazione al sistema REX. Coloro che invece sono già in possesso del numero di registrazione al sistema REX potranno utilizzarlo anche per le esportazioni in Vietnam, senza che sia necessario presentare una ulteriore domanda.

Proroga termine di previdimazione dei certificati Eur 1

Con la Circolare n. 16/2020 (nota prot. 189095/RU) l’Agenzia delle Dogane e Monopoli ha rinviato ancora una volta l’implementazione del nuovo processo di rilascio delle prove di origine e il conseguente abbandono del sistema di previdimazione dei certificati. L’appuntamento è dunque slittato al 22 luglio, sia a causa dell’emergenza sanitaria tutt’ora in corso, sia per concedere un ulteriore lasso di tempo agli operatori economici per richiedere lo status di esportatore autorizzato.

Vale la pena sottolineare che la nuova procedura non determinerà la cessazione del rilascio dei certificati di circolazione Eur 1, né l’obbligo di ottenere la qualifica di esportatore autorizzato. Senza possibilità di ricorrere ai previdimati, tuttavia, sarà sempre necessario recarsi in Dogana, presentare una istanza per il rilascio del certificato e attendere la conclusone del relativo procedimento. Tutto ciò potrebbe determinare un prolungamento dei tempi di rilascio degli Eur 1 (e quindi di spedizione della relativa merce) nel caso di richieste massive pervenute alla Dogana, anche se è stata assicurata la precedenza a chi presenta istanze ripetitivamente o ai soggetti qualificati (AEO o esportatori autorizzati, appunto).

Ecco perché risulta quanto mai opportuno, per chi non lo avesse ancora fatto, avviare il procedimento per la qualifica di esportatore autorizzato: tale status permette, attraverso una verifica preventiva del possesso dei requisiti richiesti dalla normativa doganale, di attestare direttamente attraverso una dichiarazione in fattura l’origine preferenziale della merce. In questo modo si potranno programmare in maniera più puntuale le consegne scongiurando il rischio di ritardi, errori o perdita/distruzione dei certificati, risparmiando sui costi di rilascio degli stessi e soprattutto avviando un percorso di compliance che consenta alle imprese di beneficiare dei vantaggi previsti dalla disciplina in vigore.

Novità in materia di AEO: procedure uniformi per l’audit e automonitoraggio dell’operatore certificato

Con la Determinazione Direttoriale prot. n. 166081/RU del 05 giugno 2020 l’Agenzia Dogane Monopoli ha definito una nuova modulistica a disposizione degli auditors impegnati nelle attività di rilascio o riesame delle autorizzazioni AEO, con lo scopo di delineare una procedura uniforme per tutte le strutture territoriali dell’Agenzia ed assicurare omogeneità di valutazione degli operatori economici coinvolti. Si tratta di moduli ad esclusivo uso interno dell’Agenzia.

Una volta terminato il procedimento di valutazione, gli Uffici delle Dogane rilasceranno alla parte un referto di fine audit per ufficializzare la conclusione di tale attività e per portare l’operatore economico a conoscenza delle eventuali azioni migliorative da implementare a fronte dei rimanenti rischi individuati, impegnandolo al rispetto delle condizioni e dei criteri stabiliti dalle norme in materia di AEO.

La decisione finale sul rilascio dell’autorizzazione spetterà sempre alla Direzione Dogane che, in caso di esito positivo, indicherà anche il livello di affidabilità riconosciuto (A oppure AA) e procederà con la notificazione alla parte.

Una ulteriore importante novità riguarda l’introduzione di un modello a disposizione degli operatori economici in possesso dell’autorizzazione AEO, per agevolare l’obbligatoria attività di automonitoraggio ai quali essi sono chiamati ai sensi dell’art. 23, comma 2 del Regolamento UE n. 952/2013

Questo modello (vedi allegato) dovrà essere compilato e trasmesso ai competenti Uffici delle Dogane entro il 31 luglio di ogni anno (compreso quello in corso), nonché tutte le volte in cui dovessero emergere dei fattori potenzialmente in grado di incidere sul contenuto o sul mantenimento dell’autorizzazione AEO.

Entrambe le novità in materia confermano l’attenzione che l’Agenzia rivolge alla figura dell’AEO, la cui rilevanza è sempre crescente non solo nel contesto doganale ma anche nell’ambito dell’ordinaria attività economico imprenditoriale.

La prova della cessione Intracomunitaria tra “vecchia” e “nuova” disciplina

Con la circolare n. 12/E del 12 maggio 2020 l’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza sui rapporti tra normativa nazionale ed unionale in merito alla documentazione da conservare al fine di dimostrare l’effettivo trasferimento fisico della merce da uno Stato membro di partenza ad un diverso Stato membro di destinazione della stessa. Si tratta di uno dei presupposti fondamentali per poter emettere una fattura non imponibile IVA ai sensi dell’art. 41 comma 1 del D.L. n. 331/1993. [1]

In particolare, la circolare ha affermato come il “nuovo” regime probatorio, previsto dall’art. 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011, non impedisca agli operatori di utilizzare diversi mezzi di prova, come individuati dalla prassi finora vigente. [2]

Si tratta di una precisazione che le associazioni di categoria e gli operatori privati attendevano dallo scorso gennaio, quando, entrando in vigore il Regolamento UE 2018/1912, la “vecchia” documentazione di prassi sembrava dover essere interamente sostituita dalla disciplina unionale in materia di prova della cessione, la quale appariva decisamente più gravosa (soprattutto per il cedente franco fabbrica).

In realtà già le Note Esplicative pubblicate a dicembre 2019 dalla Commissione Europea [3], pur non essendo giuridicamente vincolanti, avevano chiarito come gli Stati membri rimanessero liberi di applicare le regole interne già esistenti, eventualmente anche più flessibili di quelle previste dal suddetto art. 45-bis. Dunque, la prassi affermata dall’Agenzia delle Entrate in tema di prova della cessione intracomunitaria non va accantonata e continua ad essere efficace.

Ma allora perché intervenire con un Regolamento apposito? Perché introdurre una nuova normativa, per poi ammettere l’ininterrotta validità delle regole precedenti? La risposta va ricercata nel diverso valore probatorio esistente tra “vecchia” e “nuova” disciplina.

La disciplina comunitaria in materia di IVA considera imponibile la generalità delle cessioni: ogni fattispecie prevista in deroga a questo principio generale va interpretata restrittivamente, e spetta a colui che si avvale di tale deroga provare i fatti a fondamento della propria pretesa. Nel caso di specie, quindi, spetterà sempre al cedente (indipendentemente da chi si incarichi di curare il trasporto) dimostrare l’effettivo trasferimento fisico della merce: in difetto di tale prova la cessione dovrà essere assoggettata ad imposta.

La Direttiva Iva, tuttavia, non fornisce indicazioni sulla documentazione ritenuta idonea a dimostrare l’effettiva movimentazione della merce in caso di accertamento: spetta agli Stati membri stabilire in anticipo quali mezzi di prova il cedente dovrà fornire a tale scopo, nel rispetto del principio di proporzionalità e certezza del diritto [4]. Ma non tutti gli Stati membri hanno recepito in maniera uniforme la direttiva: alcuni di essi hanno adottato norme interne che stabiliscono come integrare le prove di uscita della merce, altri (come l’Italia) non hanno provveduto a disciplinare in maniera specifica la materia. A colmare il vuoto normativo nel nostro ordinamento, come detto, ha provveduto in via di prassi l’Agenzia delle Entrate.

La conseguenza di questa difformità è che, qualora la disciplina interna non sia univoca (o non venga applicata in maniera uniforme da coloro che provvedono ai controlli), spetterà al giudice del caso concreto decidere di volta in volta se gli elementi di prova forniti dal cedente possano essere ritenuti o meno idonei.

Ecco perché, a livello comunitario, è stato ritenuto opportuno introdurre (attraverso lo strumento normativo del Regolamento, immediatamente applicabile) una prova che risulti valida in ciascuno Stato membro, non discrezionale, ed in quanto tale confutabile solo in caso di dimostrazione oggettiva di mancata uscita della merce o di contraffazione dei documenti integranti tale prova.

Il nuovo art. 45-bis prevede quindi una presunzione relativa [5] in favore del cedente che sia in grado di produrre la documentazione tassativamente individuata dalla norma: in tal caso, infatti, sarà l’autorità che provvede al controllo a dover dimostrare che, nei fatti, la merce in questione non ha mai abbandonato lo Stato membro di partenza (oppure che la documentazione presentata dal cedente non sia corretta o sia falsa). Nel caso in cui le amministrazioni nazionali non riuscissero a fornire tale prova, la cessione comunitaria dovrà essere considerata effettiva e quindi non imponibile [6].

Qualora invece il cedente non sia in grado di produrre la documentazione prevista dall’art. 45-bis, potrà comunque dimostrare che l’operazione è stata realmente portata a termine ricorrendo alla “vecchia” documentazione di prassi. Ovviamente, in questo caso, non troverà spazio la presunzione relativa, ma si applicherà il principio generale sopra richiamato che pone sul cedente l’onere di provare i fatti a fondamento della pretesa non imponibilità della cessione.

In definitiva, preso atto del diverso valore probatorio esistente tra la “vecchia” e la “nuova” disciplina, il cedente è chiamato ad effettuare una attenta analisi della documentazione a propria disposizione, alla luce anche dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, con lo scopo di individuare l’assetto probatorio che gli consenta di porsi a riparo da eventuali contestazioni successive, e quindi dal rischio di vedersi applicata l’IVA su fatture di vendita emesse originariamente come non imponibili.

Aggiornamento autorizzazione all’esportazione DPI

Come comunicato dal Ministero degli Affari e della Cooperazione Internazionale (vedi link sotto), il 25-05-2020 è terminato il regime di autorizzazione all’esportazione dei dispositivi di protezione individuale nei paesi extra-UE, previsto dal Regolamento (UE) 2020/568.

Pertanto, a partire dal 26-05-2020 non sarà più necessaria alcuna autorizzazione del MAECI per l’esportazione di DPI.