Ottavo pacchetto sanzionatorio e due diligence

L’ottavo pacchetto sanzionatorio nei confronti della Russia è attivo dallo scorso 06 ottobre.

In particolare, il Regolamento del Consiglio (UE) n. 2022/1904 (vedi allegato) ha apportato delle modifiche al Regolamento (UE) 833/2014 incrementando la portata delle restrizioni sia in importazione che in esportazione, ma anche introducendo una serie di deroghe e contingenti quantitativi importanti da tenere in considerazione.

Tra le varie misure in esportazione, è stato ulteriormente ampliato l’allegato VII al Regolamento 833/2014 (quello che contiene la descrizione dei beni “quasi duali” sottoposti al divieto di esportazione) includendo ad esempio circuiti integrati elettronici, dispositivi a semiconduttore, teaser elettrici e spray urticanti, apparecchi fotografici aventi determinate caratteristiche.

Con riferimento all’art. 3 duodecies (quello che prevede il divieto di esportazione, vendita e trasferimento, diretto o indiretto, dei beni elencati all’Allegato XXIII) sono state introdotte due specifiche categorie di deroghe, una contrattuale e l’altra relazionata alla destinazione d’uso e comunque subordinata alla autorizzazione da parte delle autorità competenti.

Per quanto concerne le restrizioni all’importazione, è da segnalare la modifica dell’art. 3 octies, relativo al divieto di importare determinati prodotti siderurgici inclusi nell’Allegato XVII: tale divieto è destinato ad operare anche in maniera indiretta, ossia con riferimento a componenti di origine russa che si trovino all’interno di beni sottoposti a trasformazione in un diverso Paese. La norma prevede diversi termini iniziali di efficacia a seconda dei prodotti, nonché determinati contingenti quantitativi e deroghe contrattuali.

Cogliamo l’occasione per sottolineare nuovamente l’importanza di una analisi preventiva delle proprie merci, della supply chain di riferimento nonché degli accordi contrattuali per scongiurare il rischio di rallentamento o annullamento delle operazioni da e verso la Russia, o addirittura l’applicazione delle pesantissime sanzioni previste in caso di violazioni dei divieti.

Ciò anche in considerazione di un sensibile aumento dei controlli finalizzati anche a punire eventuali condotte elusive, come l’organizzazione di triangolazioni allo scopo di aggirare le restrizioni.

Procedure doganali e Risk Management per ridurre costi e criticità del commercio internazionale

L’accertamento doganale è quel procedimento amministrativo/contabile attraverso il quale la dogana verifica che tutti gli adempimenti previsti in relazione alla destinazione della merce (prescritti dalle leggi doganali o da altre norme extratributarie la cui applicazione è comunque demandata alle dogane) siano stati rispettati.

Nello svolgimento della sua attività l’autorità doganale dispone di ampi poteri di controllo, che possono essere esercitati contestualmente alla presentazione della dichiarazione in dogana oppure anche successivamente, quando le merci oggetto della dichiarazione sono probabilmente già state utilizzate o consumate.

L’emergere di difformità tra quanto dichiarato e quanto riscontrato in sede di controllo può avere, a seconda dei casi, diverse conseguenze negative come ad esempio ritardi, penali, sanzioni amministrative, responsabilità penale, deterioramento del rapporto con il cliente e con l’autorità doganale, aumento dei controlli nelle successive operazioni, segnalazione da parte di altre autorità nazionali o straniere.

Questa circostanza non deve scoraggiare gli operatori economici: in definitiva, il commercio internazionale rappresenta una imperdibile opportunità per le nostre aziende. Ma è evidente la necessità di essere competenti e conformi ai requisiti previsti. Come rispondere a questa esigenza?

Vale la pena muovere da una considerazione: la quasi totalità dei controlli doganali all’interno del nostro sistema è basata sul principio dell’analisi dei rischi. Più alto è il profilo di rischio connesso ad una operazione (in base alla tipologia della merce, alla sua destinazione, ai soggetti coinvolti, alle precedenti dichiarazioni presentate ecc.) più è elevata l’incidenza dei controlli, in particolare dei controlli documentali e fisici.

Allo stesso tempo più un operatore economico si dimostra affidabile e rispettoso delle norme di settore, più agevole e fluida sarà la sua attività doganale.

A questo scopo è utile adottare un approccio di risk management doganale, individuando le criticità e le possibili azioni correttive, e soprattutto integrando tra i processi aziendali anche le opportune procedure doganali, individuando una figura di riferimento (interna oppure esterna) a supervisionarne la compliance.

Un altro passo fondamentale per semplificare e rendere più “sicura” (e meno costosa) la propria attività doganale è quello di sfruttare gli strumenti e le autorizzazioni contemplate dalle norme di settore, come le figure dell’esportatore autorizzato e registrato (REX), lo sdoganamento presso luogo approvato, il ricorso alle informazioni tariffarie vincolanti e soprattutto lo status di Operatore Economico Autorizzato (AEO), massima espressione del rapporto di partnership tra dogana ed operatore economico.

Sigma S.r.l., forte della sua prolungata esperienza di oltre 40 anni nel settore doganale e della fiscalità internazionale, si presenta come partner ideale nella gestione delle pratiche ed autorizzazioni doganali, pianificazione e compliance, intermediazione nel rapporto con le autorità doganali.

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Le sanzioni UE nei confronti della Russia: restrizioni merceologiche all’export

La crescente complessità delle relazioni commerciali internazionali richiede di essere sempre più competenti ed aggiornati.

Per agevolare le imprese esportatrici nell’individuazione della normativa rilevante in materia di restrizioni merceologiche verso la Russia, abbiamo predisposto una breve presentazione riassuntiva.

Brexit: annunciato ulteriore slittamento dei controlli doganali

Il governo inglese in data 28/04/2022 ha confermato un nuovo slittamento della prossima fase di controlli sulle importazioni, che avrebbe dovuto essere implementata a partire dal 1/07/2022 (vedi link sotto).

In particolare, è stato precisato che non saranno introdotti per quest’anno:

– Ulteriori controlli sanitari e fitosanitari (SPS) da sostenere al posto di controllo in frontiera (BCP)

– Dichiarazioni di sicurezza (S&S) per le importazioni dall’Unione Europea

– Ulteriori certificati sanitari/veterinari (EHC) per le importazioni dall’Unione Europea

– Divieti e restrizioni sull’importazione di carni refrigerate dall’UE

È prevista in autunno la pubblicazione di un “Target Operating Model” attraverso il quale verranno forniti i dettagli e gli obiettivi del nuovo regime di controlli all’importazione, la cui introduzione è auspicata entro la fine del 2023.

Brexit ed export::cambia l’attestazione di origine?

Il tema dell’origine preferenziale rappresenta uno degli aspetti più delicati legati all’operatività dell’Accordo TCA siglato tra Regno Unito ed Unione Europea. Si tratta infatti di una prerogativa essenziale per permettere alle merci oggetto di scambio tra le parti di non essere assoggettate al dazio all’importazione.

Essa implica prima di tutto il controllo del rispetto delle regole di origine preferenziale da parte dell’esportatore: solo i prodotti in grado di rispondere ai requisiti previsti potranno godere del beneficio daziario.

Ma altrettanto importante è rispettare le prescrizioni relative alla prova dell’origine preferenziale. In particolare, una delle modalità previste dall’Accordo è l’autocertificazione dell’esportatore, mediante attestazione di origine da inserire in fattura o su altro documento destinato ad accompagnare la merce (vedi art. 56 e Allegato 7 del TCA ratificato, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 30.04.21).

A questo proposito va ricordato che, a far data dal 01 gennaio 2022, è venuta meno l’agevolazione che per tutto il 2021 ha consentito agli esportatori di non dover preventivamente acquisire le c.d. dichiarazioni dei fornitori a supporto delle proprie dichiarazioni di origine preferenziale. Di conseguenza, essi devono ora essere in grado di dare prova del carattere preferenziale dichiarato anche con riferimento alle spedizioni effettuate nel 2021, pena il rischio di subire pesanti sanzioni in caso di controlli (che l’autorità può senz’altro eseguire anche su operazioni già concluse).

Altra agevolazione destinata a venir meno è quella che ha consentito agli esportatori non ancora provvisti dell’iscrizione al sistema REX (esportatore registrato) e nell’attesa di ottenerla, di riportare nella dichiarazione di origine preferenziale il proprio codice EORI anziché il codice REX. Diviene pertanto essenziale per le imprese esportatrici attivarsi per richiedere la registrazione al più presto, per non rischiare che i propri prodotti possano essere assoggettati al dazio al momento dell’importazione nel Regno Unito [si ricorda che per le esportazioni di valore non superiore a 6.000 euro l’attestazione di origine può essere apportata da qualsiasi esportatore, anche sprovvisto del REX].

Un’ultima segnalazione va fatta con riferimento ad una comunicazione che nelle scorse settimane il governo inglese ha trasmesso ai propri operatori economici, relativamente alla indicazione dell’origine della merce nelle dichiarazioni doganali di importazione. L’HMRC ha infatti precisato che dal 01 gennaio 2022 non risulta più possibile inserire nella dichiarazione import la generica dicitura “EU”, ma va necessariamente indicato per ogni articolo l’effettivo Paese di produzione/fabbricazione (in altre parole il made in – ad esempio IT, FR, DE ecc.), anche per finalità statistiche. Pertanto gli operatori inglesi avrebbero dovuto esortare la propria controparte europea a riportare questo ulteriore dato nella documentazione commerciale relativa all’esportazione.

Ciò che sta invece accadendo in questi giorni è che viene richiesto agli esportatori di modificare la dichiarazione di origine preferenziale, riportando ad esempio “Italia” anziché “Unione Europea” nell’attestazione su fattura. Questa richiesta, frutto probabilmente di una errata interpretazione della comunicazione effettuata dal governo inglese, non può tuttavia trovare legittimo accoglimento: è l’Unione Europea in quanto tale ad aver concluso l’accordo sull’origine preferenziale con il Regno Unito (rientrando tale attività nel novero delle sue competenze esclusive). Come precisa anche L’Allegato 7 all’Accordo TCA, può essere indicato solo “Regno Unito” o “Unione” nel testo della dichiarazione: qualsiasi emendamento unilaterale alla regola si porrebbe contro il diritto dei trattati.

Per accogliere le istanze dei clienti inglesi è consigliabile quindi inserire, con dicitura separata, l’indicazione della “country of origin” (Stato Membro di produzione/fabbricazione).

Ad esempio:

articolo ABC – country of origin FR

articolo XYZ – country of origin DE

Novità intrastat 2022

L’arrivo del nuovo anno porta con sé numerose novità in tema di dichiarazioni Intrastat, annunciate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con determinazione n° 493869 datata 23/12/2021.

Tali novità si concretizzeranno con le dichiarazioni riferite alle operazioni relative al mese di gennaio (da presentare entro il 25 febbraio 2022).

Alcuni cambiamenti sono di immediata introduzione, e rappresentano senz’altro una significativa semplificazione per numerosissime aziende. Tra questi si ricorda:

– l’innalzamento della soglia per la presentazione mensile del Modello Intra 2 bis (acquisti intracomunitari di beni) da 200.000 a 350.000 euro, qualora l’ammontare totale trimestrale di detti acquisti sia, per almeno uno dei quattro trimestri precedenti, uguale o superiore a tale limite;

– l’abrogazione della dichiarazione trimestrale relativa agli acquisti;

– Carattere facoltativo delle informazioni relative allo Stato del fornitore, al codice IVA del fornitore ed all’ammontare delle operazioni in valuta, negli elenchi riepilogativi relativi agli acquisti intracomunitari di beni

– l’utilizzo del codice merci convenzionale 99500000 per le spedizioni di valore fino a 1000 euro (sia sul fronte acquisti che cessioni).

Altre novità, però, sono sicuramente molto più impattanti sull’operatività aziendale. In particolare l’obbligo di indicare il paese di origine (made in) delle merci con riferimento ai Modello Intra 1 bis (cessione intracomunitaria di beni), richiede senz’altro un significativo impegno per gli operatori economici nel reperire le informazioni ed implementarle nei propri software aziendali.

Anche le indicazioni aggiornate relative alla natura della transazione, o le novità introdotte in tema di call of stock per allinearsi alla normativa comunitaria, rappresentano dei cambiamenti importanti che necessitano di essere opportunamente “digeriti” dalle imprese.

Per questo motivo è importante avere chiara la normativa di settore, ed attivarsi fin da subito per non arrivare impreparati al prossimo 25 febbraio.

La Determinazione n° 493869 e i relativi allegati sono reperibili sul sito ADM (vedi link)

Per approfondimenti e chiarimenti ulteriori scrivere a: [email protected]