L’Unione Europea sta portando avanti da tempo una ambiziosa politica a tutela dell’ambiente e del clima, con l’obiettivo ultimo di realizzare, entro il 2050, la completa eliminazione delle emissioni nette di gas ad effetto serra.
Un passo importante in questo senso è stato l’entrata in vigore del Regolamento istitutivo del c.d. CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism): di fatto una vera e propria carbon tax, un dazio ambientale che verrà applicato alle importazioni di una serie di prodotti ad alto contenuto di carbonio, elencati nell’Allegato I Regolamento (UE) 2023/956. Tra di essi troviamo anche l’energia elettrica, il cemento, l’alluminio, diversi prodotti in ghisa, ferro o acciaio, concimi alcune sostanze chimiche. Ma l’elenco potrebbe essere integrato da successivi interventi della Commissione.
Con questo strumento normativo l’Unione Europea intende mitigare il rischio di vedere compromessi gli sforzi interni volti a limitare l’impiego di sostanze inquinanti, a causa della delocalizzazione della produzione in Paesi extra UE non firmatari dell’Accordo di Parigi del 2015 e quindi non altrettanto impegnati in tema ambientale.
Per questo motivo il Regolamento (UE) 2023/956 pone a carico degli importatori europei una serie graduale di adempimenti mirati al controllo della quantità di emissioni contenute nei prodotti importati, fino alla piena operatività del sistema prevista per il 2026.
Il primo step (a far data dal 1° ottobre 2023 e fino al 31 dicembre 2025) sarà rappresentato dall’obbligo per gli importatori dei prodotti interessati di trasmettere alla Commissione, entro un mese dalla fine di ogni trimestre, la c.d. Relazione CBAM contenente una serie di informazioni relative a tali merci (come la quantità, il totale delle emissioni incorporate effettive ed indirette calcolate secondo le modalità previste dal Regolamento, il prezzo del carbonio dovuto nel Paese di origine per le emissioni incorporate). [cfr. art. 35]
Dal 31 dicembre 2024 gli importatori (o i loro rappresentanti doganali indiretti) dovranno essere in possesso di una apposita autorizzazione per importare nell’Unione Europea i prodotti destinatari della normativa CBAM, ottenendo di conseguenza lo status di “dichiarante CBAM autorizzato” e l’iscrizione nel c.d. registro CBAM. [cfr. artt. 5, 14 e 17]
L’obbligo di pagare il dazio ambientale scatterà dal 2026, attraverso un meccanismo basato sull’acquisto dei c.d. certificati CBAM da una piattaforma messa a disposizione dalla Commissione, in un numero sufficiente a soddisfare il proprio fabbisogno [cfr. art. 22]. Successivamente, entro il 31 maggio di ogni anno, il dichiarante autorizzato restituirà un numero di certificati CBAM corrispondente alle emissioni incorporate nei prodotti importati, attestate nella c.d. Dichiarazione CBAM da presentare con la medesima scadenza. [cfr. art. 20 e ss.] Le emissioni dichiarate dovranno essere verificate da un ente accreditato. [cfr. art. 8 e 18] La mancata restituzione dei certificati porterà all’irrogazione di apposite sanzioni. [cfr. art. 27]
Il prezzo dei certificati CBAM sarà determinato in base al prezzo medio d’asta settimanale delle quote EU ETS (Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE), espresso in €/tonnellata di CO₂ emessa.
Alcune eccezioni all’applicazione del Regolamento sono previste in relazione al valore o alla provenienza dei prodotti in questione.
È chiaro che il meccanismo architettato dalla Commissione spingerà gli importatori ad interrogarsi sulla sostenibilità ambientale della propria supply chain, includendo le emissioni inquinanti tra i parametri di scelta dei propri fornitori.