In attesa della promessa riforma dell’art. 303 del D.P.R. 43/1973 (che dovrebbe finalmente vedere la luce in virtù della legge delega per la riforma fiscale), tanto l’Agenzia delle Dogane quanto la Corte di Cassazione sono intervenute a precisarne il perimetro di applicabilità, in considerazione sia del preminente principio di proporzionalità della sanzione doganale di cui all’art. 42 del CDU, sia della definizione di “diritto doganale”, essenziale ai fini della determinazione dello scaglione sanzionatorio.
Da un lato, con la circolare n. 25/2023 l’ADM (sulla scorta delle numerose censure operate dalla giurisprudenza di merito in sede di contenzioso) ha precisato le modalità di calcolo della sanzione in caso di dichiarazioni contenenti più articoli, prendendo in parte le distanze dalla nota protocollo n. 16407/RU del 09/02/2015 dell’allora Direzione Centrale Legislazione e Procedure Doganali.
Dall’altro lato, la Suprema Corte con la sentenza n. 24788/2023 ha definitivamente chiarito come l’IVA all’importazione costituisca un tributo interno, in quanto tale non rientrante nella nozione di “diritto di confine” e quindi non computabile ai fini del calcolo della sanzione doganale.
Combinando le indicazioni ricavabili da entrambi i contributi, cerchiamo di riassumere le “istruzioni” per una corretta applicazione dell’art. 303 TULD, prendendo come caso una dichiarazione con più articoli.
Per prima cosa si dovrà verificare se i diritti complessivamente dovuti sulla base dell’accertamento effettuato superino o meno il 5% dei dazi dichiarati. Per effettuare correttamente tale comparazione, si tenga presente:
- che non devono essere presi in considerazione i “nuovi” singoli (o l’incremento di singoli già esistenti) emersi a seguito dell’accertamento, qualora non abbiano comportato maggiori diritti dovuti;
- che non va computata in nessun caso nel calcolo l’IVA all’importazione.
Il passo successivo è individuare la norma sanzionatoria da applicare: se la differenza tra quanto accertato e dichiarato non supera il 5%, si applicherà il primo comma dell’art. 303 TULD (sanzione da 103 a 516 €). In caso contrario, la sanzione dovrà essere determinata sulla base degli scaglioni previsti dal terzo comma del medesimo articolo.
In entrambi i casi andranno individuate tante violazioni quanti risultano essere i singoli che hanno concorso a determinare l’eccedenza, ma la sanzione da applicare a fronte di plurime violazione sarà comunque unica, individuata attraverso l’applicazione della regola del cumulo giuridico di cui all’art. 12, comma 1 del D. lgs. n. 472/1997, ossia la sanzione più grave aumentata da un quarto al doppio.
Ma attenzione: essendo tale regola ispirata al principio del favor debitoris, qualora dall’applicazione al caso concreto della regola del cumulo materiale (cioè tante sanzioni quante sono le violazioni) risultasse un trattamento più favorevole per il debitore, sarà quest’ultimo a prevalere.
In definitiva, se l’applicazione del cumulo materiale in base alla citata nota n. 16407/RU del 2015 è stata finora considerata la regola (determinando talvolta l’irrogazione di sanzioni palesemente sproporzionate nel loro complesso rispetto al disvalore delle violazioni commesse), risulta ora chiaro come essa rappresenti una eccezione, da applicare solo se in concreto più favorevole all’autore della violazione.
La circolare n. 25/2023 contiene anche numerosi esempi concreti, validi per chiarire la corretta applicazione di tale principio.
Giulia Cicheri